Il padre della lingua italiana, attraverso la sua immensa produzione letteraria, ha creato delle espressioni divenute poi proverbiali e che spesso noi utilizziamo senza conoscerne la reale provenienza. Qui di seguito alcuni esempi tra i più popolari dei nostri tempi.
Far tremare le vene e i polsi
Ancora oggi la usiamo per riferirci a qualcosa che ci terrorizza profondamente. Dante la utilizza nel canto I dell'inferno, quando nei versi 87-90 chiede a Virgilio di salvarlo dalla Lupa, una delle tre fiere che ha incontrato nella selva oscura, dove “la dritta via era smarrita” (v.3, canto I).
Non mi tange
Ovvero “non mi sfiora neppure, non mi interessa”. È Beatrice a pronunciare queste parole nel canto II dell'Inferno, quando spiega a Virgilio di non temere affatto il regno di Lucifero, poiché lei è una creatura di Dio, ormai tra i beati del Paradiso, e quindi l'infelicità di quel luogo non ha alcun effetto su di lei.
Non ragioniam di lor, ma guarda e passa
Nel canto III ha origine un altro famosissimo proverbio. Con queste parole (spesso riportate con la variante "non ti curar di loro") Virgilio esorta Dante a non parlare con gli ignavi, rivolgendo loro la stessa indifferenza e apatia che essi ebbero nei confronti del mondo quando erano in vita. Perché certe volte, l'indifferenza è più forte dell'odio.
Stai fresco
Un'espressione comunissima, che deriva dalla struttura stessa dell'Inferno dantesco. Secondo il poeta il regno di Lucifero avrebbe la forma di un cono rovesciato, il cui vertice coinciderebbe col centro della Terra. È proprio nel nono cerchio, il punto più basso della struttura, che si trovano i traditori, ovvero coloro che si sono macchiati del peccato più grave agli occhi di Dio e che, a seconda della gravità della colpa, sono più o meno immersi nel Cocito, un enorme lago ghiacciato. Nel XXXII canto con l'espressione “i peccatori stanno freschi” (verso 117), il poeta si riferisce proprio a questa zona, dove i dannati vengono colpiti da gelide raffiche di vento prodotte dalle ali di Lucifero. Grazie alle potenti immagini del poeta, l'espressione viene ancora usata per indicare qualcosa che andrà a finire male.